lunedì 28 novembre 2022

Il Liquidambar Styraciflua

 Appartenente alla famiglia delle Hamamelidaceae e' anche conosciuto con i sinonimi di Storace o Albero dell'ambra. E' stato uno dei primi grandi alberi ad arrivare in Europa dagli Stati Uniti orientali a scopo ornamentale e gia' nel Seicento alcuni giardini europei potevano vantarne un esemplare. Il suo nome "Liquidambar" significa liquido d'ambra per la resina oleosa, profumata d'incenso, di cui  la pianta e' ricca. Si ricava incidendo la corteccia ed e' utilizzata in profumeria e nell'industria conciaria; un tempo si usava come gomma da masticare. Albero vigoroso, a foglia caduca, di medie-grosse dimensioni raggiunge un'altezza di 20-30 mt. La chioma si espande per 5-10 mt, prima e' conica poi con l'eta' diventa piu' espansa e arrotondata. A crescita lenta vive circa 150 anni.  La corteccia e' grigio-marrone, profondamente fessurata. La fioritura avviene a maggio. Le infiorescenze sono capolini arrotondati ed essendo monoico si riconoscono quelle maschili erette e raccolte in racemi e quelle femminili pendenti. Ad esse in estate inoltrata seguono i frutti che permangano anche durante l'inverno e consistono in infruttescenze tondeggianti del diamento di 3 cm, spinose, prima verdi e poi brune a maturita'. Le foglie sono grandi (15x15), alterne, palmate, a 5-7 lobi a margine seghettato, verde scuro e poi virano al rosso brillante. Sono proprio i colori delle sue foglie in autunno a rendere questa pianta spettacolare. Essi variano dal giallo all'arancio, al rosso, al cremisi con il curioso effetto che talvolta alcuni rami si colorano in modo distintamente diverso gli uni dagli altri pur essendo sulla stessa pianta. Inoltre ogni pianta ha un colore a se' quindi il periodo migliore per la scelta di un esemplare da impiantare in giardino e' l'autunno. Va messo a dimora preferibilmente in posizioni soleggiate, si adatta bene anche in mezz'ombra ma si rischia di non vederlo adeguatamente colorarsi. Sopporta temperature fino a -15°/-20°. Si adatta su qualsiasi terreno pur preferendo terreni umidi, con Ph leggermente acido. La distanza d'impianto deve essere di almeno 6/7 mt e la superficie minima a disposizione per ogni singolo soggetto deve essere di 9 mq. Il suo apparato radicale tende ad allargarsi molto e a scendere in profondita', di questo bisogna tenere conto al momento dell'impianto. Non richiede potatura e non soffre di malattie importanti. Solo i primi due anni dalla messa a dimora va seguito come innaffiature, concimazioni ed eventuali tutoraggi.

Il liquidambar come bonsai

Annaffiatura

Ogni 7-15 giorni nel periodo invernale. La pianta tollera bene le basse temperature. In estate il Liquidambar formosana andrà annaffiato giornalmente, mentre in primavera e in autunno ogni qualvolta il terreno è asciutto al tatto. La regola generale è sempre valida: essendo una latifoglia in un vaso contenuto, non vuole né troppa acqua né troppa poca.


Esposizione

In inverno la pianta va lasciata all’aperto, protetta dalle gelate da una tettoia o con tessuto non tessuto e da sfagno sulla superficie. In primavera ed autunno andrà invece collocata in pieno sole (accorgimento che in autunno farà splendere il Liquidambar formosana di colori molto accesi). Attenzione ai raggi solari nei mesi estivi più caldi; possono rovinare il fogliame (che in estate sarà verde brillante). L’accortezza sarà quella di mettere la pianta a mezz’ombra tra luglio e agosto.


Substrato e rinvaso

Il substrato ideale è composto da pietra pomice o akadama a grana fine al 60%, lapillo vulcanico o ghiaia di fiume, sempre a grana fine, con una percentuale del 20% ciascuna e humus di lombrico al 20%. Il rinvaso andrà effettuato tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, dopo la potatura e prima che le gemme si schiudano.


Concimazione

Da aprile a luglio, con concime solido organico a lenta cessione, facilmente reperibile online o negli store specializzati, e da settembre a inizio novembre, con concime solido o liquido organico a lenta cessione.


Malattie e parassiti

Afidi, acari e cocciniglia. Per prevenire questi problemi, nella stagione invernale si andrà ad agire con agenti preventivi, come il liquido jin e l’olio minerale. All’occorrenza, nei mesi primaverili e autunnali, andranno applicati appositi prodotti anti-acaro. Le cocciniglie potranno essere rimosse manualmente.


Stile

Eretto formale, eretto informale e inclinato.






(A Bologna , nell’Orto Botanico si trova una LIQUIDAMBAR di circa 200 anni, probabilmente l’albero più vecchio del giardino)

sabato 26 novembre 2022

IL CIPRESSO CALVO DELLE PALUDI (TAXODIUM DISTICHUM)

 La pianta di Taxodium distichum (Cipresso delle Paludi, Cipresso Calvo) è un albero maestoso nativo degli Stati Uniti sudorientali, una conifera d’acqua tipica delle zone paludose, che può raggiungere nel tempo 20-40 metri d’altezza. Forma conica, diventa colonnare e disordinato a maturità, con grande tronco massiccio di circa 2 metri di diametro e radici aeree chiamate pneumatofori. Corteccia di colore marrone chiaro screpolata e foglie aghiformi verde chiaro, virano al marrone ruggine in autunno. Sviluppa coni femminili sferici, verdi, larghi 3 cm, che maturano in marrone, coni maschili penduli, di colore rosso, appaiono in inverno. Una tra le poche conifere a spogliarsi nel periodo invernale, durante l’autunno la pianta perde interi rametti laterali rimanendo con i rami principali nudi. Tra i primi alberi americani introdotti in Europa nel 1640, molto resistente, si adatta bene alle zone ventose o con forti escursioni termiche. Gradisce suoli umidi e freschi, tollera bene anche temperature rigide ma le giovani piante vanno protette nei primi anni di età.


Famiglia: Cupressaceae


Provenienza: USA sudorientale


Questo cipresso assomiglia alla metasequoia glyptostroboide (Metasequoia glyptostroboides) nell’aspetto tanto che le due specie vengono talvolta confuse tra di loro. Il cipresso mediterraneo (Cupressus sempervirens) è nativo dell’Europa meridionale e non ha molto in comune con il cipresso delle paludi. Raramente viene usato nel bonsai.


Posizione: il cipresso delle paludi ha bisogno di molta luce e calore, va pertanto messo in pieno sole durante la stagione vegetative. Con un clima caldo può essere lasciato all’esterno tutto l’anno. In aree dall’inverno più freddo deve essere protetto dalle temperature molto basse poiché difficilmente tollera le gelate quando si trova in un contenitore.


Annaffiatura: in estate il cipresso delle paludi richiede molta acqua e se non può essere annaffiato abbondantemente durante il giorno, la cosa migliore da fare è sistemarlo in un vassoio poco profondo e pieno d’acqua. In inverno, dopo la caduta della vegetazione, il cipresso delle paludi ha bisogno di meno acqua ma non deve mai asciugare.


Concimazione: usare concime liquido da primavera ad autunno ogni una o due settimane secondo le istruzioni per il dosaggio. Nel corso della stagione vegetativa si può anche usare concime organico solido.


Potatura e legatura: si possono accorciare I nuovi getti quando cominciano a produrre ramificazione laterale. Se vengono potati troppo presto, tendono a morire in autunno. In autunno o a inizio primavera si possono potare i rami. Il cipresso delle paludi tende a produrre molte gemme da tronco, rami e biforcazioni; tutte le gemme che non sono necessarie per l’impostazione della pianta devono essere rimosse subito. I rami giovani e i ramoscelli possono essere facilmente legati e impostati mentre I rami più maturi tendono a diventare rigidi e fragili. L’abbassamento dei rami viene fatto al meglio usando dei tiranti.


Rinvaso: il cipresso delle paludi ha una forte crescita radicale e le radici ingrossano rapidamente, però non sono dure e possono essere potate con facilità. Gli alberi più giovani dovrebbero venire rinvasati ogni due anni potando anche le radici, in special modo se il pane radicale sborda dal vaso. Le piante più mature possono essere rinvasate ogni tre/cinque anni.


Propagazione: il cipresso delle paludi può essere propagato per seme e facilmente per talea.


Parassiti e malattie: il cipresso delle paludi è raramente oggetto di aggressione.


(Bonsai di taxodium distichum)




(Foresta di cipressi calvi delle paludi negli Stati Uniti)




(Taxodium Distichum lungo la riva di Montisola sul lago di Iseo)




tassodio nel parco della Burcina (BI) pneumatofori delle radici


tassodi con pneumatofori delle terme di Boario (BS)

venerdì 25 novembre 2022

IL GINKGO BILOBA

 Il Ginkgo Biloba è un albero di origine antichissima che molto spesso si incontra nei viali delle città italiane e responsabile dell’odore marcescente che contraddistingue il suo periodo riproduttivo. Il nome Ginkgo deriva probabilmente da un’erronea trascrizione del nome giapponese ginkyō, “albicocca d’argento”, ed è stato attribuito alla specie dal famoso botanico Carlo Linneo nel 1771, all’atto della sua prima pubblicazione botanica. L’epiteto della specie (biloba) deriva invece dal latino bis e lobus (due lobi), con riferimento alla divisione in due lobi delle foglie, a forma di ventaglio. La foglia è il simbolo della città di Tokyo.

Il Ginkgo biloba si presenta come un albero di grosse dimensioni, potendo raggiungere e talvolta superare i 30m di altezza. Il fusto è legnoso e si ancora al terreno grazie ad un profondo e ben sviluppato apparato radicale.


Le foglie sono uno dei tratti distintivi di questa pianta, presentando una forma e una venatura uniche tra le piante a seme. Ginkgo biloba presenta infatti due tipologie di foglie: alcune sono triangolari, con la base opposta al picciolo rotondeggiante e con i margini ondulati; le altre sono flabellate, simili a quelle triangolari ma con un’incisura profonda sul margine opposto al picciolo, incisura che divide la pagina fogliare in due lobi (da cui l’epiteto biloba della specie).


Le foglie triangolari si trovano sui rami corti, ossia rami a crescita lenta in cui la distanza tra ciascuna foglia è ridotta; ciò deriva dal fatto che i nodi (i punti in cui si sviluppano le gemme) sono molto ravvicinati tra loro. La particolarità dei rami corti è che gli organi riproduttivi si formano proprio su di essi. Le foglie flabellate, al contrario, si sviluppano sui rami lunghi, che invece hanno una distanza internodale maggiore e non portano elementi fertili.


In risposta alla ridotta esposizione alla luce, alle temperature più fredde e ad altri fattori abiotici, le foglie in autunno ingialliscono. La clorofilla è infatti metabolizzata, rendendo di conseguenza evidenti i pigmenti secondari della foglia, in questo caso le xantofille, che producono un tipico colore giallo accesso. Una volta privata della clorofilla, la foglia risulta inutile alla pianta; alla base del picciolo si sviluppa uno strato cellulare che separa la foglia dal ramo provocando la caduta della stessa dalla pianta.

Essendo il ginkgo una conifera (Gymnospermae), è curioso come questa pianta possieda una struttura fogliare a superficie ampia, dato che la maggior parte delle conifere presentano delle foglie aghiformi (come il pino e l’abete). Non solo la forma, ma anche la nervatura è un tratto caratteristico di queste foglie. Nel picciolo, ossia la struttura che attacca la foglia al ramo, entrano due venature che si biforcano sequenzialmente (dicotomicamente) fino a ricoprire l’intera pagina fogliare. Non sono presenti, tuttavia, interconnessioni tra nervature adiacenti: la foglia è quindi parallelinervia.

La strategia e le strutture riproduttive di Ginkgo biloba meritano di essere approfondite per la loro particolarità. Ginkgo biloba è una specie dioica, ossia presenta individui con soli organi maschili e altri con soli organi femminili.


Le piante di sesso maschile producono dei coni, le tipiche strutture riproduttive delle gimnosperme. Il polline di cui sono ricchi è contenuto in microsporangi esposti all’aria e viene trasportato dal vento: Ginkgo biloba è dunque una specie che sfrutta l’impollinazione anemofila, la quale avviene tipicamente in primavera.


Le piante di sesso femminile producono invece ovuli contenuti in strutture singole, dette strobili. Gli strobili, a seguito dell’impollinazione, assumono un aspetto carnoso, simile a quello di un frutto (che è però un organo esclusivo delle angiosperme!). La struttura carnosa che avvolge gli ovuli di Ginkgo biloba è detta sarcotesta e a maturità contiene acido butirrico, la molecola responsabile dello sgradevole odore che si sente in autunno attorno a queste piante (e che si trova non a caso anche nel vomito e nei formaggi stagionati).


Solo dopo che il polline, contenente i gameti maschili, è stato trasportato dal vento sui coni femminili, la fecondazione (ossia l’unione del gamete femminile con quello maschile) può avvenire. Una grande peculiarità di Ginkgo biloba è che la fecondazione avviene a terra. Nelle altre gimnosperme, infatti, la fecondazione avviene nei coni femminili portati dalla pianta, mentre in Ginkgo biloba la fecondazione avviene in autunno, quando i coni carnosi femminili si staccano dalla pianta o poco prima della caduta.

Il Ginkgo biloba è una conifera, l’unica specie vivente del genere Ginkgo, della famiglia Ginkgoaceae, dell’ordine Ginkgoales e della classe Ginkgoopsida. Durante il Mesozoico (250-65 milioni di anni fa), un’era che ha visto anche la grande diversificazione dei dinosauri, la famiglia delle ginkgofite era estremamente diffusa; oggi, però, sopravvive solo Ginkgo biloba, con ancora le sue caratteristiche ancestrali e pressoché immutate da centinaia di milioni di anni fa. Questa collocazione temporale è stata possibile grazie al rinvenimento di alcuni fossili di ginkgofite databili appunto al Mesozoico.

Dopo le due atomiche che hanno distrutto Hiroshima il 6 agosto del 1945 e Nagasaki il 9 agosto, Harold Jacobsen, scienziato del Manhattan Project sostenne che i luoghi colpiti sarebbero rimasti senza forme di vita per 75 anni. Ma la natura è sorprendente: già nella primavera successiva iniziarono a spuntare dei germogli ad alberi - sia a Hiroshima che a Nagasaki - che si trovavano a circa 2 chilometri dall'epicentro dell'esplosione.


«Uno studio degli anni '70 riportava addirittura di alberi sopravvissuti in un raggio di 500 metri dall'epicentro, un fatto straordinario perché si pensava che all'interno di quell'area non potesse sopravvivere nulla».


Adesso quei Ginkgo Biloba sono registrati ufficialmente come "alberi colpiti dalla bomba atomica": sono chiamati hibaku jumoku, ossia albero sopravvissuto, e sono tutti identificati con una apposita targa. 

 Il Bonsai di Ginkgo

Posizione: lasciate fuori il ginkgo tutto l'anno. Preferisce i luoghi soleggiati ma le piante più giovani prediligono la penombra. Il ginkgo resiste alle gelate ma in vaso bonsai richiede protezione delle radici dalle temperature molto basse.


Annaffiatura: i ginkgo richiedono molta acqua da primavera ad autunno ma non in eccesso. Vanno tenuti leggermente umidi in inverno.


Concimazione: iniziate a concimare quando le gemme si schiudono. Usate concime ad alto contenuto di azoto per favorire cacciate lunghe. I ginko particolarmente maturi, al contrario, tendono a sviluppare foglie solo sulle cacciate corte e la ramificazione non aumenta. Usate concime liquido ogni settimana per tutto l'anno. Va bene anche il concime solido.


Potatura e legatura: le cacciate lunghe nuove vanno accorciate a una o due foglie dopo che ne sono cresciute cinque o sei. Le ferite da potatura troppo grandi tendono a non cicatrizzare bene. Uate la pasta cicatrizzante e, se possibile, evitate di provcare grandi ferite. I ginkgo possono essere legati durante tutto l'anno; assicuratevi di non danneggiare la corteccia soffice di rami e ramoscelli con il filo.


Rinvaso: le piante più giovani vanno rinvasate ogni anno a primavera, le più mature ogni due, cinque anni. Non potate le radici troppo drasticamente, Una miscela di terra standard va bene purché sia ben drenante.


Riproduzione: il ginkgo bonsai si riproduce da seme o talea. E' possibile anche la margotta.


Parassiti e malattie: il ginko biloba bonsai è molto resistente e difficilmente aggredito da parassiti o funghi.


( Il primo bonsai acquistato da Luigi Crespi,il primo bonsaista italiano, nel 1959 tuttora presente nel Crespi Museum)

(Uno dei Ginkgo Biloba sopravvissuti alla bomba atomica)


(Il Ginkgo Biloba di oltre 200 anni alto oltre 40 m al parco Bertone in provincia di Mantova).




(Piantina di Ginkgo Biloba da seme di 2 anni versione autunnale).






venerdì 18 novembre 2022

LA METASEQUOIA GLYPTOSTROBOIDES

  Originaria della Cina e più specificamente delle province di Hupeh e Szechuan.


Fu un paleontologo giapponese nel 1941, S. Miki, che per primo descrisse i resti fossili di questa pianta presente nell’Era del Miocene (7 milioni di anni fa). I suoi resti furono trovati anche in America settentrionale e nelle Isole Spitzbergen.


Nel 1940, con sorpresa, nella Cina centrale, un dendrologo commerciante di legnami, cinese, che era stato inviato in tempo di guerra a reperire rifornimenti di legname, ne trovò alcuni grossi individui raggruppati in un boschetto.


Successivamente nel 1946 nuove spedizioni botaniche nelle province di Hupeh, portarono al ritrovamento di 100 individui vivi che erano sfuggiti ai ricercatori europei del secolo XIX.


La Metasequoia venne introdotta in Europa e in America a partire dal 1948.


Il merito però della sua diffusione, sia in America Settentrionale che in Europa, va agli sforzi compiuti dall’Arnold Arboretum di Boston (Stati Uniti) che per primo distribuì i semi di questi alberi.


In Italia i primi esemplari furono piantati nel Giardino Botanico Borromeo dell’Isola Madre, che si trova sul Lago Maggiore.


Questa specie viene utilizzata a scopo ornamentale in quanto è molto decorativa coi suoi bronzei riflessi autunnali, tanto da riuscire ad arricchire il giardino quando i colori sono limitati.


È una pianta rustica, ha un tronco scanalato, la corteccia rossastra e squamosa; la chioma conica e stretta che diventa espansa se coltivata all’ombra. Le foglie sono lineari, troncate all’apice; compaiono in marzo e sono disposte l’una vicina all’altra (lungo i rametti); dapprima sono verde chiaro poi diventano scure; in autunno passano dal rosa al bruno prima di cadere assieme ai rametti.


I verdi coni penduli sono globosi o cilindrici disposti su lunghi peduncoli e compaiono alla fine dell’estate; nelle piante coltivate, generalmente, non si sviluppano.


In Italia il più bell’individuo si trova presso la “Villa Taranto” a Verbania (NO) ed ha una circonferenza di 2,50 m ed un’altezza di 24.





( Metasequoie nell'orto botanico delle conifere di Ome in provincia di Brescia)



(Metasequoia di 2 anni mentre vira verso il colore autunnale)



La metasequoia è una pianta molto resistente e si adatta perfettamente alla creazione di bonsai da esterno,sia singoli o a boschetto.