lunedì 27 febbraio 2023

Cosa seminare nell' orto a marzo

 Siamo nel mese in cui per tradizione si piantano le patate,  tra i tuberi a marzo si può metter nel terreno anche il topinambur.


A marzo possiamo continuare a seminare i bulbilli di aglio e le cipolle, se non sono stati piantati nei mesi precedenti è il momento giusto per farlo. Si inizia anche a seminare direttamente in pieno campo diverse verdure a foglia come bietole, coste, valeriana, spinaci, rucola, lattuga, cicoria da taglio e prezzemolo. Dove il clima è più rigido si può seminare sotto tunnel o coprire la notte con tessuto non tessuto. Nel mese di marzo si seminano anche diversi legumi (ceci, fagioli, piselli e fave), sempre direttamente a dimora nelle aiuole dell’orto possiamo mettere barbabietola rossa, rapanelli e carote.

In semenzaio nel mese di marzo possiamo seminare un maggior numero di orticole, approfittando del riparo le piantine crescono bene e verranno trapiantate poi a primavera inoltrata. Ad esempio a marzo si seminano: basilico, anguria, melone, cetriolo, zucca, zucchino, peperone, pomodoro, melanzana, cavolo verza, carciofi, sedano, prezzemolo.

Fasi Lunari di Marzo 2023: La luna Calante o luna Vecchia è dal 8 al 20 marzo, mentre la luna crescente o luna nuova è dal 1 al 6 , dal 22 al 31 marzo. 

domenica 26 febbraio 2023

IL CILIEGIO DI NANCHINO

 Il ciliegio di Nachino, dello stesso genere del comune ciliegio, questa particolare specie di prunus è sinora conosciuta solo da botanici e appassionati. Grande arbusto, o piccolo albero, a foglia caduca, il ciliegio di Nanchino cresce spontaneo al pari del nostro omonimo selvatico (prunus avium) nelle vallate dal Giappone alla Cina e fino alle pendici dell’Himalaya. Di grande effetto ornamentale, se non educato diversamente e posto isolato, tende a crescere con più tronchi raggiungendo un’altezza di 3/5 metri e altrettanti di diametro; se allevato con un tronco solo, ovvero se nato in competizione con altre essenze, è facile trovare esemplari alti anche dieci metri. Le belle foglie verdi chiare, ellittiche con margine fittamente seghettato e nervature molto marcate conferiscono alla pianta un piacevole aspetto messo ancor più in risalto quando compaiono i piccoli frutti rossi. Essenza molto rustica, sopporta temperature invernali molto basse, sopravvive anche oltre i -20°C, ama il sole senza il quale, oltre a non fiorire, produrrebbe una vegetazione debole e povera; è molto resistente alla siccità. Diventando adulto, la sottile corteccia del tronco diventa di un caratteristico colore bruno-rossastro lucido che, con il passare degli anni, tende a squamarsi, rendendo la pianta piacevole anche nella stagione morta. Altra caratteristica molto importante è la sua resistenza ai forti venti: nelle zone di origine il Prunus Tomentosa è frequentemente usato per formare barriere frangivento.


TERRENO

Predilige terreni tendenzialmente acidi, soffici e ben drenati, ma vegeta bene in quelli calcari e argillosi. Nei terreni marcatamente calcarei, con ph particolarmente alto, la pianta tende ad andare in sofferenza per clorosi ferrica, manifestandola con la classica colorazione gialla delle foglie.


FIORI E FRUTTI

A inizio primavera, prima della comparsa delle foglie, il Ciliegio di Nanchino si riempie di numerosissimi boccioli rosa che, aprendosi, cambiano colore diventando bellissimi fiori con cinque petali quasi bianchi distanziati tra loro e al centro numerosi pistilli che fanno diventare la pianta un’incantevole macchia colorata. Dai fiori compaiono altrettanti frutti, leggermente più piccoli delle comuni ciliegie, dal picciolo molto corto, che a inizio estate quando maturano, colorano di rosso vivo tutti i rami. I fiori sono ermafroditi, hanno quindi sia gli organi maschili e femminili, anche se, per una maggiore produzione di frutti, è consigliabile piantare almeno due esemplari vicini per favorire l’impollinazione incrociata. I fiori sono molto melliferi e, dal loro polline, le api producono un miele molto delicato. Se ben impollinata, una pianta di pochi anni è già in grado di produrre moltissimi frutti. Le piante educate ad alto fusto, all’epoca della maturazione dei frutti, attraggono moltissimi uccelli.


UTILIZZO E CONTENUTI SALUTISTICI

Dal piacevole sapore dolce-acidulo, i numerosi frutti, mangiati appena colti, sono molto dissetanti, ma il loro maggiore utilizzo riguarda la trasformazione in marmellate e succhi. I frutti ben maturi sono ideali per alleviare problemi bronchiali e la tosse, hanno potere astringente e antibiotico, sono inoltre utili per curare la gotta. Come tutti i semi dei frutti delle piante appartenenti alla famiglia delle rosacee, alla quale appartiene anche il genere prunus, anche il seme del Ciliegio di Nanchino, contiene una sostanza, l’amigdalina, capace di liberare acido cianidrico (cianuro) che è un potente veleno. Per fortuna la quantità presente è talmente modesta che per avere effetto si dovrebbe mangiare una quantità enorme di semi. Va detto, però, che le infinitesimali dosi presenti non solo non sono nocive, ma stimolano la respirazione e migliorano la digestione. Si ricorda che anche il seme della comune albicocca (nome botanico: prunus armeniaca) contiene la stessa sostanza, ed è presente anche nella mandorla amara la quale, però, è utilizzata per fare il tipico biscotto Amaretto. Più il seme è amaro, maggiore è la presenza del veleno, comunque, ripetiamo, per avere effetti se ne dovrebbe mangiare una quantità enorme.

POTATURA E CURE COLTURALI

Sono solo necessarie potature estetiche e di contenimento, va ricordato che le gemme da fiore compaiono sui rami dell’anno precedente, per cui i polloni sorti da tagli radicali, fruttificheranno l’anno successivo. Pianta molto resistente alla siccità, le innaffiature sono necessarie solo per l’attecchimento, quindi solo in caso di estrema siccità. Anche le concimazioni sono consigliate solo al momento dell’impianto con un apporto di sostanza organica molto matura, in seguito il Ciliegio di Nanchino, anche in terreni poveri, riuscirà a trovare da solo le sostanze necessarie. Come tutti i ciliegi, può essere attaccato dagli afidi, specialmente in primavera, e dalla mosca delle ciliegie, che depone l’uovo nel frutto dal quale nasce poi il classico “cagnotto”. Altro patogeno di origine fungina, molto comune ma che raramente è pregiudizievole per la salute della pianta, è il corineo, che si manifesta sulle foglie con piccole macchie rossastre che poi seccano e lasciano il classico buco e sui rami provocando piccole lesioni dalle quali esce una sostanza gommosa che, a contatto con l’ossigeno, indurisce.


Il ciliegio di nanchino può essere coltivato come bonsai


DESCRIZIONE

Il Ciliegio è un albero veramente affascinante, sia per la ricca fioritura, che può essere bianca o rosa, sia per la gran quantità di frutti rossi che sviluppano in estate. La sua splendida fioritura simboleggia le qualità del samurai: purezza, lealtà e coraggio.


Le varietà presenti in natura sono moltissime, ma per la coltivazione a bonsai vengono utilizzate solo quelle a frutto piccolo come il Prunus mahaleb, il Prunus cerasifera e il Prunus sakura (quest’ultimo è un nome generico che viene utilizzato per definire le diverse specie provenienti dal Giappone).

La coltivazione di questo bonsai è relativamente facile, paragonabile ad altre piante da frutto come il Melo e l’Albicocco.


ESPOSIZIONE

In primavera, dopo la fioritura, quando iniziano a spuntare le nuove foglioline, il Ciliegio va collocato in pieno sole, questo permette di ottenere foglie piccole e dal colore acceso.

In estate, questa essenza non ama il caldo, perciò, bisogna ripararla dai raggi solari sistemandola in un luogo ombreggiato e ventilato.

In autunno, quando la temperatura diventa più dolce, si può rimettere il bonsai al sole.

In inverno, questo albero non ha particolari problemi col freddo; quindi, nelle regioni del centro-sud, si può tenere all’aperto, in pieno sole; nelle regioni del nord è conveniente collocarlo in un luogo riparato, ma sempre all'esterno, per preservare le radici dal gelo. In ogni caso, a fine inverno è consigliabile tenerlo al sole, dove sarà valorizzata la sua splendida fioritura


 


ANNAFFIATURA

Il bonsai di Ciliegio non sopporta l'eccessiva umidità, quindi, prima di annaffiarlo occorre accertarsi che il terreno sia veramente asciutto. L’irrigazione va effettuata con un annaffiatoio a fori sottili, bagnando il terreno due volte, a distanza di qualche minuto, in modo da essere certi che l’acqua venga ben assorbita. Da ricordare che, una irrigazione eccessiva durante la fioritura può causare la caduta prematura dei fiori.



POTATURA

Dal mese di dicembre, quando sono cadute tutte le foglie, si può effettuare la potatura di formazione, utilizzando la tronchese concava; in questo periodo, l’assenza dell’apparato fogliare permette di osservare bene la struttura del bonsai, consentendo una scelta accurata dei rami da eliminare. Naturalmente, una drastica potatura invernale causa anche l’eliminazione di tante gemme fiorifere, quindi, se si vuol godere di tutto lo splendore della fioritura, si può potare in febbraio-marzo, dopo la caduta dei fiori. In ogni caso, ricordarsi di medicare i tagli con il mastice, o con la pasta cicatrizzante.


 


PINZATURA

Per ottenere una chioma uniforme e ordinata, in giugno e in agosto si effettua l’accorciamento dei germogli che si sono allungati oltre la sagoma originale, l'operazione si effettua con la forbice lunga, tagliandoli dopo la terza-quarta foglia. Fare attenzione ai "succhioni" che germogliano alla base del tronco; questi virgulti, se non vengono eliminati subito, crescono molto velocemente, sottraendo il nutrimento al bonsai e diventando più grossi dei rami principali.



DEFOGLIAZIONE


Su questa essenza non si esegue una vera defogliazione, però, avendo un apparato fogliare molto delicato, in estate ci si può trovar di fronte ad un bonsai dall’aspetto particolarmente "vissuto" con foglie rovinate dal sole o dalla "ruggine", quindi, in luglio-agosto, con il defogliatore, si possono eliminare le foglie più compromesse, stimolando il bonsai ad emettere nuove foglioline.


 


RINVASO


Come per la potatura, il rinvaso può essere effettuato dal momento che sono cadute tutte le foglie (dicembre).Una volta stabilito che è necessario rinvasare, avendo riscontrato che il pane di terra è completamente ricoperto dalle radici, con l'aiuto del rastrellino, lo si riduce di 1/3 lasciandolo integro per i restanti 2/3. Utilizzando la forbice per radici, si eliminano decisamente le radici grosse, mentre le radichette capillari vanno salvate, accorciandole, ma non eliminandole completamente.


Il terriccio deve avere un buon drenaggio e deve essere ricco di sostanza organica (tipo terriccio pronto). 

Il vaso, come per tutti i bonsai da frutto, deve essere profondo e abbondante.

Ricordarsi di rinvasare solo piante in buona salute e, se l’inverno è particolarmente rigido, tenere al riparo dal gelo i bonsai appena rinvasati.


 


CONCIMAZIONE


Per ottenere una buona produzione di frutti, che peraltro non cadano prematuramente, il Ciliegio deve essere alimentato abbondantemente, dalla fine della fioritura all’estate, utilizzando fertilizzanti a lenta cessione (tipo Biogold o Aburukasu)

In autunno, conviene somministrare un concime con un’alta percentuale di fosforo e di potassio (es. Polvere Solubile NPK 14-20-26) per irrobustire i tessuti vegetali e preparare le gemme "fiore" per l’anno successivo.


 


APPLICAZIONE FILO


L’avvolgimento con il filo di alluminio ramato si effettua nella buona stagione, annaffiando il bonsai prima di "lavorarlo"; questo permette di piegare meglio i rami, senza timore di romperli.


 


DIFESA DAI PARASSITI


Il Ciliegio è un bonsai particolarmente "amato" dai parassiti, sia animali, sia vegetali. I più assidui frequentatori delle sue foglie sono: Afidi e Cocciniglia. Per difendere il bonsai da questi sgraditi ospiti, è opportuno eseguire, per tutta la bella stagione, a cadenza quindicinale, dei trattamenti preventivi, con un insetticida polivalente.





sabato 25 febbraio 2023

Acacia dealbata (mimosa)

 La pianta di Acacia dealbata, meglio conosciuta come Mimosa d’inverno, è una pianta da fiore, dal fogliame persistente verde chiaro, sottile e frastagliato, le foglie sono felciformi, bipennate, tomentose, lunghe 12 cm, ciascuna con 40-80 foglioline lineari, da glauche a color argento. Produce un’abbondante fioritura molto profumata, di colore giallo dorato, che sboccia da Febbraio a Marzo. L’infiorescenza è composta da un insieme di capolini globosi, riuniti in racemi terminali, lunghi 10-20 cm. Predilige un’esposizione soleggiata e dei terreni poco calcarei. Coltivata nelle bordure o come pianta isolata, buona tenuta in vaso in appartamento, adatta alla coltivazione in contenitore.

La pianta di Acacia dealbata può essere coltivata come Bonsai.

Collocazione: esterno .

Concimazione: da marzo a giugno e da metà agosto a metà ottobre.

Rinvaso e potatura: da novembre a marzo.

Defogliazione: no.

Applicazione filo: da aprile ad agosto.

Irrigazione: innaffiare abbondantemente quando il terriccio inizia ad asciugarsi.


Disinfezione: in genere non viene attaccata dagli insetti 

Vaso: smaltato.








mercoledì 22 febbraio 2023

LA FESTA DEI CILIEGI IN FIORE "HANAMI"

 La festa dei ciliegi in fiore, nota in Giappone come "Hanami" (花見), è uno degli eventi più importanti del calendario culturale giapponese. La tradizione vuole che la gente si rechi nei parchi e nei giardini pubblici per ammirare la bellezza dei ciliegi in fiore, godersi la compagnia di amici e familiari e festeggiare l'arrivo della primavera.

I ciliegi in fiore, chiamati "sakura" in giapponese, sono una vista spettacolare. Le delicate fioriture rosa, bianche e rosse si estendono sui rami degli alberi creando un tappeto di colore. I giapponesi sono soliti organizzare picnic, chiamati "o-hanami", per godersi lo spettacolo in compagnia. Ci sono anche molti festival e fiere organizzati in diverse parti del paese, dove i visitatori possono assaggiare cibi e bevande tipici della stagione primaverile.

La tradizione dell'Hanami risale all'era Nara (710-794), quando l'imperatore Saga ordinò la piantagione di molte piante di ciliegio nei parchi della città di Kyoto. La pratica di ammirare i fiori di ciliegio divenne popolare durante l'era Heian (794-1185), quando la nobiltà giapponese organizzava feste di Hanami sotto i fiori di ciliegio per celebrare l'arrivo della primavera.

L'Hanami è diventato un'occasione importante per i giapponesi di socializzare e rilassarsi. Ogni anno, migliaia di persone si recano nei parchi per partecipare alla festa dei ciliegi in fiore. Tra le destinazioni più famose per l'Hanami ci sono il parco Ueno a Tokyo, il parco Maruyama a Kyoto, il parco Chidorigafuchi a Tokyo e il parco Yoyogi a Tokyo.

Oltre alla bellezza dei fiori di ciliegio, l'Hanami è un'occasione per godere della cucina e delle bevande giapponesi. Molte persone portano il loro cibo e le loro bevande preferite per un picnic sotto i ciliegi. I piatti tipici dell'Hanami includono l'obento (scatola di pranzo), il dango (palline di riso al vapore), lo yakitori (spiedini di pollo) e il sakura-mochi (dolce di riso avvolto in foglie di ciliegio).

In conclusione, la festa dei ciliegi in fiore in Giappone è una tradizione millenaria che celebra la bellezza della primavera. I giapponesi sono soliti partecipare all'Hanami per ammirare i fiori di ciliegio, socializzare e godersi la compagnia degli amici e dei familiari. Se avete l'opportunità di visitare il Giappone in primavera, non perdetevi la festa dei ciliegi in fiore: è un'esperienza unica che vi lascerà dei ricordi indelebili.




domenica 19 febbraio 2023

Mimosa polycarpa var. spegazzinii

 La pianta di Mimosa polycarpa var. spegazzinii è un grande arbusto legnoso originario dell’Argentina, Bolivia, Brasile e Paraguay, che può raggiungere l’altezza di circa 4 metri ed è coltivata per la particolarità delle sue foglie: talmente sensibili che se toccate si ripiegano velocemente nel giro di 3 secondi, per poi ritornare nella posizione originaria. Anche di notte si chiudono per la reazione ad assenza di luce; muovendosi reagendo alla luce, alle lesioni e persino al pericolo. Genera fiori di colore rosa-lilla, fino a circa 2,5 cm di diametro, che fioriscono in estate. Temperatura minima: 13 °C.




sabato 18 febbraio 2023

I FAMOSI VASI BONSAI DI TOKONAME



Tokoname è una città giapponese situata nella prefettura di Aichi, nota per la sua antica tradizione nella creazione di vasi per i bonsai. Grazie alla qualità e alla bellezza dei loro prodotti, i maestri vasai di Tokoname hanno guadagnato una fama mondiale.








Storia della città di Tokoname

Tokoname è una città con una storia millenaria nella produzione di ceramica, risalente al periodo Jōmon (14.000-300 a.C.). Durante il periodo Edo (1603-1868), la produzione di ceramica raggiunse il suo apice grazie alle innovazioni tecniche introdotte da famosi maestri vasai come Ninsei Nonomura e Kenzan Ogata. La città di Tokoname divenne famosa per la produzione di vasellame da cucina, ma in seguito, grazie all'espansione della cultura del bonsai, si specializzò nella produzione di vasi per piante.

La città di Tokoname è situata vicino alla costa del Pacifico, dove l'argilla ricca di minerali è facilmente accessibile. Questa argilla, combinata con l'acqua locale e una cottura a temperature elevate, ha dato vita a una ceramica di alta qualità. Oggi, i maestri vasai di Tokoname continuano a produrre vasi di alta qualità usando le tecniche antiche.

L' arte della creazione dei vasi per i bonsai


















La creazione di un vaso per bonsai richiede una grande abilità e una conoscenza profonda delle proprietà dell'argilla e delle tecniche di cottura. I maestri vasai di Tokoname creano vasi che non solo sono belli da vedere, ma che anche favoriscono la crescita sana delle piante.

Una delle tecniche usate dai maestri vasai di Tokoname è la modellatura a mano. Utilizzando la loro esperienza e le loro conoscenze, i maestri vasai modellano l'argilla a mano per creare forme che si adattino alle piante specifiche.

Un'altra tecnica importante è la smaltatura. I maestri vasai applicano smalti speciali sui vasi per proteggerli dalle intemperie e per creare effetti estetici come texture e colori. Questi smalti sono spesso preparati con ingredienti naturali come il legno bruciato, la cenere e la sabbia.

Inoltre, i maestri vasai di Tokoname usano la tecnica del "yohen", che significa "cambiamento imprevisto". Questa tecnica prevede di controllare la cottura per ottenere effetti imprevisti sulle superfici dei vasi. Questi effetti possono essere causati dalla distribuzione irregolare della temperatura del forno, dalle reazioni chimiche tra i materiali usati per la smaltatura e l'argilla, o dalla presenza di minerali nell'argilla.

Maestri vasai di Tokoname

Nella storia della ceramica giapponese, ci sono molti grandi maestri vasai di Tokoname che hanno lasciato un segno duraturo nella cultura giapponese. Uno di questi è Gyozan Kawamoto (1873-1957).

Gyozan Kawamoto è stato uno dei più grandi maestri vasai giapponesi del XX secolo. Nato a Tokoname, nella prefettura di Aichi, nel 1919, Kawamoto è cresciuto in una famiglia di vasai che esercitavano la loro attività nel quartiere di Tokoname, noto per la produzione di ceramica dal periodo Nara (710-794).




Fin da giovane, Kawamoto mostrò una particolare predisposizione per la creazione di vasi, piatti e altri oggetti in ceramica. Nel 1936, all'età di 17 anni, iniziò ad apprendere l'arte della ceramica presso l'atelier di un maestro vasai di Tokoname, Asahi Yamada, il cui stile di lavorazione delle terre glauconitiche locali sarebbe diventato un elemento distintivo della produzione di Kawamoto.




Nel 1942, Kawamoto fu chiamato a prestare servizio nell'esercito durante la seconda guerra mondiale, dove ebbe modo di perfezionare ulteriormente la sua tecnica di lavorazione della ceramica. Tornato a Tokoname nel 1946, fondò il proprio atelier e iniziò a produrre vasi in ceramica di grande bellezza e qualità.




La ceramica di Kawamoto si distingue per la perfezione della forma e per la bellezza dei colori, che spaziano dal bianco puro al rosso mattone, passando per il blu-verde tipico delle terre glauconitiche di Tokoname. Kawamoto utilizzava principalmente due tecniche di lavorazione: la tornitura al tornio e la pressatura delle terre. In entrambi i casi, il maestro vasai faceva affidamento sulla propria esperienza e sulla propria sensibilità per creare oggetti unici e di grande pregio.




La produzione di Kawamoto comprende una vasta gamma di oggetti in ceramica, tra cui vasi, piatti, tazze e ciotole. Ogni pezzo è stato creato con grande cura e attenzione ai dettagli, e ogni oggetto è dotato di una personalità propria che lo rende unico e inimitabile. Inoltre, i suoi vasi erano famosi per la loro grande robustezza e resistenza alle intemperie, grazie alle peculiarità delle terre locali.




Negli anni '60, Kawamoto iniziò a partecipare a mostre e fiere d'arte, dove ebbe modo di far conoscere la propria ceramica ad un pubblico sempre più vasto. Nel 1978, ricevette il Premio della cultura della prefettura di Aichi, riconoscimento che sancì definitivamente la sua fama come uno dei più grandi maestri vasai del Giappone.

Gyozan Kawamoto morì nel 2010 all'età di 91 anni, ma il suo lavoro continua ad essere apprezzato in tutto il mondo. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni di musei e gallerie d'arte, e molti appassionati di ceramica considerano la sua produzione come una delle più grandi espressioni dell'arte vasaria giapponese del XX secolo.

IL MAESTRO VASAIO GYONZAN NAKANO








Il maestro vasaio Gyonzan Nakano è un rinomato ceramista giapponese, nato nel 1943 nella città di Tajimi, situata nella prefettura di Gifu. Fin dall'infanzia, Nakano è stato affascinato dall'arte della ceramica e ha deciso di seguire questa passione per tutta la vita.




Dopo essersi diplomato alla scuola di ceramica di Toki, Nakano ha iniziato a lavorare presso uno studio di ceramica di Tajimi, dove ha imparato le tecniche di base della ceramica. Nel 1967, ha deciso di aprire il proprio studio, dove ha cominciato a creare le sue opere d'arte uniche.




La ceramica di Gyonzan Nakano si distingue per la sua estetica raffinata e la sua qualità straordinaria. Nakano utilizza una vasta gamma di tecniche, comprese la tornitura, l'incisione, la smaltatura e la pittura, per creare pezzi che riflettono la sua profonda conoscenza del medium. Le sue opere spaziano dalle sculture e ai vasi di grande formato, alle tazze e ai piatti più piccoli, ognuno dei quali è realizzato con la massima attenzione ai dettagli.




Un tratto distintivo del lavoro di Nakano è la sua abilità nel combinare l'estetica tradizionale giapponese con forme e motivi più moderni. Utilizzando la tecnica della "smaltatura giapponese", Nakano crea superfici liscie e uniformi su cui dipinge con maestria dettagliate illustrazioni di paesaggi, fiori e uccelli.




Il lavoro di Gyonzan Nakano è stato esposto in mostre d'arte in tutto il mondo e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio d'onore alla mostra di ceramica di Mashiko nel 1975 e il premio speciale alla mostra di ceramica di Taiwan nel 1985.




Oltre alla sua attività di ceramista, Nakano ha anche insegnato la ceramica presso diverse scuole d'arte e università in Giappone e all'estero. Ha trasmesso la sua passione per la ceramica a numerose generazioni di studenti, molti dei quali sono diventati a loro volta ceramisti di successo.



In sintesi, Gyonzan Nakano è uno dei più grandi maestri vasaio giapponesi viventi, il cui lavoro ha contribuito a mantenere in vita la tradizione della ceramica giapponese, mentre la rinnova costantemente con la sua visione innovativa. La sua eredità nella ceramica giapponese e nella cultura artistica globale è indubbiamente notevole e duratura.




venerdì 17 febbraio 2023

LA POTATURA DELL' ULIVO

La potatura è una pratica agricola essenziale per mantenere l'albero dell'ulivo in salute e massimizzare la produzione di olive. La potatura regolare favorisce la crescita di nuovi germogli e ramificazioni e previene la crescita incontrollata dell'albero. In questo articolo, ti guideremo passo dopo passo attraverso le tecniche di potatura dell'ulivo, gli attrezzi necessari e il periodo di potatura ideale per il Nord e il Sud d'Italia.

Attrezzi per la potatura dell'ulivo

Prima di iniziare la potatura, è necessario assicurarsi di avere gli attrezzi giusti. Per la potatura dell'ulivo, ti serviranno:

  • Una sega per potatura o un paio di cesoie per potatura
  • Un paio di guanti di protezione per le mani
  • Una scala o un'altra attrezzatura per raggiungere i rami più alti

Passo 1: Rimuovere i rami morti e malati

Inizia la potatura rimuovendo i rami morti e malati. Questi rami non solo sono poco attraenti, ma possono anche rappresentare un rischio per la salute dell'albero e ridurre la sua produzione di olive. Utilizza una sega o delle cesoie per rimuovere i rami morti e malati alla base, vicino al tronco. Assicurati di rimuovere completamente i rami, fino al punto in cui si collegano al tronco dell'albero.

Passo 2: Rimuovere i rami che crescono verso l'interno

Successivamente, identifica i rami che crescono verso l'interno dell'albero e rimuovili. Questi rami possono interferire con la circolazione dell'aria e ridurre la produzione di olive. Utilizza una sega o delle cesoie per rimuovere questi rami alla base, vicino al tronco.

Passo 3: Rimuovere i rami che si incrociano

Identifica i rami che si incrociano tra di loro e rimuovili. Questi rami possono sfregarsi l'uno contro l'altro e danneggiarsi a vicenda, creando una porta d'ingresso per le malattie. Utilizza una sega o delle cesoie per rimuovere questi rami alla base, vicino al tronco.

Passo 4: Ridurre i rami più vecchi

Ridurre i rami più vecchi dell'albero è un'ottima pratica per mantenere l'albero in salute e massimizzare la produzione di olive. Questi rami sono meno produttivi e possono ridurre la capacità dell'albero di produrre olive di qualità. Utilizza una sega o delle cesoie per tagliare i rami vecchi vicino alla base, lasciando solo i rami più giovani e produttivi.

Periodo di potatura

Il periodo di potatura ideale per l'ulivo dipende dalla zona geografica in cui si trova l'albero. Per il Nord Italia, il periodo migliore per la potatura è a fine inverno, intorno a febbraio o marzo.




giovedì 16 febbraio 2023

Decaisnea fargesii (la pianta delle dita blu)

La Pianta dalle Dita Blu è una specie originaria della Cina Occidentale. È un arbusto caratterizzato da un legno fragile che raggiunge mediamente altezze intorno ai 5 mt e si presenta con foglie pennate, caduche, dalla colorazione verde-grigio che vira in giallo-dorato durante la stagione autunnale prima della caduta. La fioritura avviene ad inizio estate dove compaiono le caratteristiche “pannocchie”, simili a grappoli ricadenti, dal colore giallo-verdastro e della lunghezza di una ventina di centimetri; la Decaisnea Fargesii è una specie autofertile di conseguenza non è indispensabile la presenza di più esemplari per ottenere la fruttificazione. Durante l’autunno la pianta produce i classici baccelli penduli dalla colorazione bluastra, da qui il nome che gli è stato assegnato, contenenti numerosi semini nerastri disposti all’interno di una polpa gelatinosa, che conferisce all’arbusto un pregevole effetto ornamentale.

COLTIVAZIONE

La Pianta dalle Dita Blu è una specie che per potersi sviluppare al meglio necessita di un terreno tendenzialmente acido, fertile e fresco, ma allo stesso tempo con una buona capacità drenante in quanto non tollera eccessivi ristagni idrici. Per quanto riguarda l’esposizione è opportuno che questa venga trapiantata in una zona soleggiata o di mezzombra, tenendo allo stesso tempo in considerazione il suo fabbisogno di un suolo moderatamente umido, soprattutto durante la stagione calda, per evitare eccessive asciugature del terreno. Le irrigazioni vanno di conseguenza rapportate in base all’esposizione prescelta durante la fase di messa a dimora per garantire la corretta umidità evitando i ristagni. La coltivazione della Decaisnea Fargesii è inoltre realizzabile anche nelle zone a clima più rigido in quanto presenta una buona resistenza ai forti freddi invernali; solitamente gli unici danni derivati dal freddo si verificano in caso di gelate tardive. Non necessitano infine di determinati interventi di potatura e a parte il rischio di eventuali marciumi radicali dovuti ad eccessi idrici non presentano particolari sensibilità ad attacchi fungini o parassitari.

PROPRIETÀ & UTILIZZI 

Il frutto della Decaisnea Fargesii viene generalmente consumato allo stato fresco, mangiando quindi la polpa interna gelatinosa, dal caratteristico sapore con retrogusto di anguria-cetriolo, avendo cura di rimuovere i semini neri disposti a file lungo il baccello. Non presenta particolari proprietà e a parte l’elevato contenuto di pectine di cui dispone il frutto lo scopo principale della coltivazione di questa Pianta delle Dita Blu è limitato all’estetica e all’originalità dell’arbusto in sé, oltre che la difficoltosa, se non addirittura impossibile, reperibilità dei frutti in commercio.





mercoledì 15 febbraio 2023

Sophora japonica (acacia del Giappone)

 La pianta di Sophora japonica (Sofora del Giappone) è un albero deciduo dal portamento elegante, originario della Cina e della Corea, dove è coltivato fin dai tempi antichi come albero da collocare nei pressi dei templi. Chioma espansa molto ramificata, foglie pennate, lunghe fino a 25 cm, composte da circa 17 foglioline da ovate a lanceolate, di colore verde scuro lucido, virano al giallo in autunno. La fioritura avviene nei mesi estivi (Luglio-Agosto), con piccoli fiori profumati, lunghi 1,5 cm, di colore bianco crema, riuniti in pannocchie terminali lunghe fino a 30 cm. Può raggiungere lentamente l’altezza di circa 30 metri e larghezza di 20 metri. Ideale come esemplare isolato in parchi e giardini di grandi dimensioni, per aree verdi urbane, alberature stradali.

Potatura: la Sophora japonica non necessita di potature regolari. La varietà Pendula, invece, necessita di potature regolari, al bisogno, in quanto i rami più vecchi, per il loro importante peso, possono spezzarsi o danneggiarne altri, soprattutto nelle giornate più ventose.

Il nome generico “Sophora” proviene dall’arabo “sufayrà”, termine con cui venivano denominate alcune piante simili.

Ecco le principali varietà della Sophora japonica


Pendula

Varietà “piangente” molto utilizzata nei giardini. Rispetto alle altre specie, presenta dimensioni nettamente minori, ha una velocità di crescita lenta e la sua peculiarità sono i rami pendenti e contorti, molto coreografici, soprattutto in inverno.Proprio per questa sua caratteristica, la Pendula, rappresenta l’unico cultivar che necessita di essere potato regolarmente.


Columnaris

La forma della chioma è piramidale e meno espansa.

Regent

Varietà di grande successo per la sua crescita più rapida e la fioritura precoce (fiorisce a 5 anni invece che 10 o più).

Flaviramea

Le foglie sono di un bel giallo dorato quando spuntano e si mantengono tali per 4 mesi. Solo alla base della chioma virano sul verde.

Si tratta di una pianta abbastanza resistente.


I suoi principali nemici sono i funghi Fusarum lateritium e il Nectria cinnabarina che provocano, rispettivamente, il cancro al legno e la ruggine con conseguente perdita di foglie.

La sophora japonica può essere coltivata come Bonsai.








domenica 12 febbraio 2023

Larix decidua (Larice europeo, Larice comune)

La pianta di Larix decidua (Larice europeo, Larice comune) è una conifera decidua di forma conica, espansa a maturità, con corteccia scagliosa, foglie aghiformi verde pallido, a spirale, lunghe fino a 3,5 cm, portate da getti glabri. In autunno le foglie diventano di colore giallo, poi perde totalmente le foglie in inverno. Fiori piccoli e coni femminili da cilindrici a conici, lunghi fino a 3,5 cm, che hanno 40-50 scaglie e brattee sporgenti. Può raggiungere l’altezza di circa 30 metri. Ottima resistenza al freddo, coltivato come esemplare isolato o in giardini naturali. In primavera la pianta mette su foglie verdi, aghiformi e resistenti, mentre in autunno tutto il fogliame diviene di colore giallo e cade al suolo. In Italia è molto comune in tutte le Alpi, dove si spinge anche a quote molto elevate (oltre i 2.500 metri). Dove il bosco lascia il posto alle praterie alpine si incontrano vecchi individui isolati, deformati dal vento e dalla neve. Il larice può vivere migliaia di anni.



Morfologia

Il larice comune è una conifera a portamento eretto con accrescimento rapido in gioventù, raggiunge 25–45 m di altezza e fino a 1 m di diametro (in casi eccezionali fino a 55 m di altezza e 2 di diametro). Il portamento può comunque differenziarsi in base all’altitudine, essendo questa una specie caratterizzata da un certo polimorfismo: la chioma, infatti, può assumere una forma più espansa alle quote alpine più basse, mentre tende a divenire più stretta a quote maggiori (per contenere i danni provocati dalla neve). Ha Fusto monopodiale, massiccio nelle piante vecchie. La base può presentare un andamento ricurvo, dovuto alla spinta della neve che spinge verso valle. I rami di primo ordine sono grossi e lunghi, ricurvi verso il basso e ascendenti all’estremità, quelli di secondo ordine sono invece lunghi, sottili e penduli. Nelle giovani piante la chioma è piramidale, la corteccia è liscia e grigia ed i rametti sono sottili, affusolati e flessibili, di color rosa-marrone o giallastri. Negli adulti la chioma è allargata. La corteccia di questo larice è profondamente fessurata e si rompe in larghe scaglie che lasciano vedere il colore rossastro della corteccia (che ha spessore di 10 cm) più interna, con l’età diviene bruno-grigiastra e si divide in placche rotondeggianti o quasi rettangolari (di circa 1–2 cm). I germogli sono ovali, di dimensione 3×2 cm e non resinosi. Hanno una stretta forma schiacciata e sono smussati o leggermente a punta. Sono molto flessibili e morbidi. Nei rami grossi sono disposti a spirale e sono appuntiti. Gli aghi sono disposti a spirale singolarmente lungo i macroblasti, mentre sono in ciuffetti composti da 20 a 40 aghi sui brachiblasti. Sono solitamente annuali, anche se si sono registrati casi eccezionali di aghi che avrebbero svernato per ben quattro anni. Hanno lunghezza compresa tra 10 e 30 mm di lunghezza e meno di 1 mm di spessore. Negli aghi di larice comune, gli stomi non sono infossati e sono protetti da uno strato di cera, come in altre conifere. Per evitare danni invernali il larice comune perde le foglie in autunno, come gli alberi decidui. Le foglie cadute danno al ramo nudo un aspetto ruvido. Grazie alla caratteristica di perdere gli aghi il larice comune è una delle poche conifere capace di sopportare eventi di disturbo anche pesanti, come siccità estreme, inverni anticipati, stress idrici, e riprendere a vegetare non appena il disturbo scompare (chiaramente, il tempo di persistenza del disturbo non deve durare troppo a lungo). Resiste anche a interventi di potatura errati o danni da neve e vento, grazie ad un’altra caratteristica che poche altre conifere hanno, ossia quella di avere delle gemme dormienti al di sotto della corteccia, così da poter ricacciare rami dal fusto (ma mai polloni). Questa capacità è particolarmente presente negli esemplari che crescono in zone difficili. Il loro valore estetico è associato sia a piantagioni ornamentali sia per la produzione del legname. Ciò che più colpisce nella visione del larice comune è la diversa e spettacolare gamma di colori stagionale: all’inizio della primavera, infatti, spuntano svariati ciuffi dal colore verde smeraldo che, più tardi, in estate si trasformerà in verde più scuro. I rametti giovani hanno un tipico color ocra.


Il larice comune è giovane fino ai 15-20 anni, e comincia a fruttificare solo raggiunti i 30-40 anni. In ambienti difficili possono volerci anche 70 anni prima di avere la prima fruttificazione. Il larice è una pianta diclino-monoica, cioè sono presenti sullo stesso individuo fiori maschili e fiori femminili ma non fiori ermafroditi.


La chioma è rada e leggera, conica quando è giovane, piramidale con l’invecchiare della pianta; i rami principali sono sciabolati con le estremità spesso pendule. La corteccia è grigio bruna e sottile nelle piante giovani; diviene molto spessa nelle piante vecchie e con grosse placche, esternamente di color grigio cenere, separate da fessure longitudinali bruno rossastre. Le foglie sono aghiformi e sottili, lunghe 2–4 cm, molli e non pungenti, distribuite a spirale tutt’attorno al ramo sui macroblasti. Sono riunite invece a fascetti di 20-30 su rametti corti (brachiblasti) e singole sui rami lunghi; d’autunno assumono una colorazione gialla prima della caduta dai rami, cosa che distingue il larice comune dalle altre conifere. Il Larice è infatti l’unica conifera decidua spontanea in Italia, mentre in Europa esiste anche un altro larice, in Russia, il Larice siberiano. Il legno del larice, ottimo e ricercato, presenta molti canali resiniferi ed è discolore: l’alburno è chiaro giallastro mentre il durame è rosso intenso. La resina, detta trementina di Venezia, viene usata nell’industria delle vernici. La corteccia è impiegata per l’estrazíone del tannino e per lavori di intaglio.


Il sistema radicale tipico del larice è il sistema “root cuore”. Questa conifera ha radici molto forti che penetrano in profondità fino aree scheletriche del terreno (ghiaia e pietre). Se il terreno ha struttura profonda le radici arrivano sino a 2 m di profondità. Le lesioni al tronco e ai rami del larice comune vengono rapidamente coperte ed isolate dalla resina. Il larice può vivere anche su suoli su calcarei e contenenti quarzo e silicati. Le sue radici sono adatte ai terreni montani, acidi e sassosi. Il larice comune è presente sino ai margini del bosco, e negli alti pascoli alpini sono presenti esemplari, solitamente secolari, grossi e distorti.


In natura esistono due sottospecie di larice comune:


Larix decidua subsp. decidua – Larice comune Europeo o Larice Alpino. Presente nella maggior parte dell’areale. Strobili 2.5–6 cm; germogli gialli.

Larix decidua subsp. polonica – Larice comune Polacco. Forma endemica di una ristretta area del massiccio dei Beschidi, nel Sud della Polonia. Strobili 2–3 cm; germogli molto chiari, di color giallo-bianco.

Il larice può essere coltivato come bonsai

I bonsai di larice sono estremamente resistenti in inverno. Una volta messi a dimora nel vaso bonsai, sono davvero poco impegnativi. Tuttavia, per il rinvaso deve essere rispettato assolutamente il momento adatto. Esso coincide con l’inizio della primavera.

Concimazione

A causa della loro crescita rapida, i bonsai di larice (specialmente nella fase di impostazione) hanno bisogno di una quantità piuttosto alta di nutrienti. I concimi organici per bonsai (ad esempio Biogold e Hanagokoro) vanno somministrati ogni 4 settimane durante la stagione vegetativa (da primavera a inizio settembre). Meglio se in abbondanza. Su una superficie di substrato di 5x5 cm ogni 4 settimane, spingete un granulo (ad esempio Biogold) nel terriccio.

Anche i concimi liquidi per bonsai sono adatti, ma sono usati con meno frequenza. Dato il loro basso contenuto di azoto, il dosaggio specificato sulla confezione può essere raddoppiato durante il periodo vegetativo.

Annaffiatura

Il terriccio per bonsai deve essere mantenuto costantemente umido (evitando i ristagni). Poiché il larice giapponese può (e dovrebbe) essere esposto al sole, nel periodo estivo potrebbe essere necessario annaffiare anche due volte al giorno. In inverno, il bisogno di annaffiature è notevolmente ridotto. Tuttavia, anche in questo periodo dell’anno, bisogna evitare che la pianta si disidrati.

Esposizione

I larici sono piante che amano il sole. Concedete al vostro bonsai di larice un luogo soleggiato, anche in piena estate.

Svernamento

Gli esemplari sani sono totalmente resistenti alle nostre latitudini. È meglio posizionarli all'aperto durante la stagione fredda. Lo svernamento a temperature superiori a 0°C non presenta vantaggi.

Rinvaso

I larici giapponesi presentano una crescita intensa delle radici. Pertanto, a seconda dell'età, vengono rinvasati ogni anno (piante giovani di 1-3 anni) fino ad arrivare a un intervallo di 5 anni (esemplari definiti, più vecchi). Il terriccio Akadama è il più adatto a tale scopo. Abbiamo avuto un'ottima esperienza con i substrati composti da scisto espanso. Essi mantengono la propria struttura per molto tempo, lasciando passare molta aria tra le radici. Nella fase di formazione, usiamo miscele contenenti quasi il 100% di scisto espanso.

Vengono rinvasati a inizio marzo, proprio nel periodo in cui le gemme iniziano schiudersi. A questo punto, i bonsai di larice giapponese sopportarno molto bene una nuova radicazione. Dopo circa un mese, il pericolo che i bonsai di larice subiscano danni aumenta in modo significativo.

Malattie, Parassiti

I bonsai di larice non vengono quasi mai attaccati dai parassiti. Non abbiamo mai notato nulla del genere nel larice giapponese. Inoltre, non sviluppa nessuna malattia fungina.