Il termine generico Camellia fu dato nel 1735 da Linneo, con ogni probabilità in ricordo del gesuita moravico George Joseph Kamel per i suoi meriti in campo naturalistico; l'epiteto specifico sinensis fu dato sempre da Linneo in allusione alla zona di provenienza di questa specie, che è appunto la Cina.
Arbusto sempreverde che può raggiungere le dimensioni di un piccolo albero (4-6 m), a portamento espanso in esemplari annosi. Foglie alterne di 4,5-9 x 2-3,5 cm, portate da un corto picciolo (3-8 mm), ellittiche, ad apice ottuso; sono inoltre cuneate alla base, a margine grossolanamente dentato o sinuoso-dentato e con denti ricurvi e nerastri all'apice. Di colore verde tenero e lucide da giovani, diventano poi più scure e coriacee, mentre la pagina inferiore è sempre più chiara, pubescente.
I fiori, ascellari, si presentano solitari od a gruppi di 2-3; essi sono portati da corti peduncoli (8-12 mm), ricurvi verso il basso. Il calice, sorretto da due bratteole precocemente caduche, è costituito da 5-6 sepali, piccoli (4-6 mm), pelosi, ineguali e spesso persistenti anche alla fruttificazione.
La corolla è composta da 7-8 petali di colore bianco crema, ognuno dei quali di forma obovata e concava verso l'interno, di circa 2x2,5 cm. L'apparato sessuale maschile (androceo) è costituito da numerosi stami, riuniti alla base (monadelfi) , con filamento biancastro (15 mm) ed antere di un bel giallo-oro. L'apparato sessuale femminile (gineceo) è rappresentato da un ovario, densamente ricoperto di peluria bianca (tomentoso) e sormontato da un corto stilo (10 mm) con stimma trifido.
La fioritura ha luogo, nei nostri climi, in momenti assai differenti, spaziando da periodi tardo-autunnali o invernali in zone particolarmente favorite, ad altri autunnali o primaverili in zone più fredde; i fiori emanano un profumo piacevole e delicato.
I frutti sono capsule legnose tricocche, deiscenti a maturità, di 15-20 mm, inizialmente verdi poi rossastro-marroni a maturità, contenenti general mente 1 o 2 semi ovali (1-1,5 x 0,8-1).
La Camellia sinensis O. Kuntze var. assamica (Mast.) Kitam. è di dimensioni maggiori (fino a 12-17 m), con foglie più grandi (8-15x3,5-6 cm), largamente ellittiche, con apice acuminato e margini da largamente dentati a denticolati; sono infine glabre o con peluria persistente sulle nervature principali nella pagina inferiore. Fiori simili a quelli della varietà tipica.
La camelia da tè (Camellia sinensis (L.) O. Kuntze var. sinensis) è di origine abbastanza oscura, ma sembra ormai appurata la sua autoctonicità nell'Ovest della Cina (S.E. Tibet, Yunnan, Guizhou, Hunan e Sichuan); da tempo è ormai largamente coltivata in tutto il mondo.
Una delle prime camelie da tè venute in Europa fu di Linneo, che la ebbe dal capitano Eckbert nel 1763 e la coltivò nell'Orto Botanico di Uppsala.
La Camellia sinensis O. Kuntze var. assamica (Mast.) Kitam. è una varietà scoperta assai più recentemente allo stato spontaneo prima nell' Assam (1835), poi nel Burma, in Indocina, nel N. India ed in Tailandia.
Il procedimento di lavorazione delle foglie del tè rappresenta il fattore più rilevante per la differenziazione del prodotto finito. Per tale motivo, tutti i sistemi di classificazione suddividono i tè in grandi famiglie, all'interno delle quali vengono raggruppate le varietà che condividono determinate fasi del processo di lavorazione e, conseguentemente, presentano alcune caratteristiche comuni.
La distinzione più semplice (recepita anche dalla classificazione doganale) è quella tra tè "fermenentati" (neri) e tè "non fermentati" (verdi) , ovvero i tè le cui foglie vengono lasciate ossidare e diventare di colore bruno e quelli le cui foglie vengono trattate con il calore per impedire tale ossidazione e restano di tono verde. Si riconosce poi una terza categoria, quella dei tè "parzialmente fermentati" o "semifermentati", ovvero i tè che presentano un grado di ossidazione intermedio tra i verdi e i neri.
Di fatto la differenziazione dei tè sulla base dei sistemi di lavorazione e delle loro peculiarità è più complessa e richiede una nomenclatura più articolata e rispettosa di tali differenze.
In Cina, paese che produce la maggior quantità e varietà di tè, oggi si utilizza un sistema di classificazione messo a punto nel 1979 dal Prof. Chen Chuan dell'Istituto di Agricoltura della Provincia dello Anhui. Tale sistema distingue sei differenti modi di trattare le foglie di tè dopo la raccolta, ai quali si aggiungono gli eventuali successivi processi di rilavorazione ed elaborazione del prodotto. Le sei tipologie di tè di base (liu da jiben chalei 六大基本茶类) sono identificate con il colore del prodotto secco o dell'infuso:
Nome cinese | Traduzione letterale | Nomenclatura italiana corrente |
Lücha 绿茶 | Tè verde | Tè verde |
Huangcha 黄茶 | Tè giallo | Tè giallo" |
Heicha 黑茶 | Tè "nero" | Tè Pu-erh o tè postfermentato |
Baicha 白茶 | Tè bianco | Tè bianco |
Qingcha 青茶 | Tè "verdazzurro" o "blu" | Tè oolong o tè semifermentato |
Hongcha 红茶 | Tè "rosso" | Tè nero
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Questa classificazione oggi è lo standard adottato in Cina ed è generalmente accettata e largamente diffusa anche al di fuori di tale paese. Tuttavia, l'impiego in italiano della traduzione letterale dei nomi cinesi di alcune delle tipologie sopra indicate interferisce con la tassonomia consolidata nel mercato internazionale e potrebbe generare inutili equivoci.
Di seguito viene esposta la classificazione delle sei tipologie fondamentali di tè con una nomenclatura coerente con quella già in uso nel nostro paese. Di ogni tipologia viene data una definizione che identifica le fasi caratterizzanti della lavorazione, seguita da alcune note sulla terminologia adottata.
Tè verde Tè stabilizzato dopo la raccolta senza essere sottoposto a ossidazione In inglese green tea, identico al termine cinese lücha 绿茶 (tè verde). La stabilizzazione (in inglese fixation, in cinese shaqing 杀青) è il processo termico che inibisce gli enzimi responsabili dell'ossidazione e permette alle foglie di mantenere il loro colore verde. Può essere eseguita con calore secco (tostatura) come nel caso dei tè verdi cinesi, oppure calore umido (vaporizzatura) come nel caso dei tè verdi prodotti in Giappone e in diversi altri paesi. l tè verde viene anche definito tè "non fermentato", in cinese bu fajiao cha 不发酵茶.
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| Tè nero Tè fatto ossidare completamente dopo la raccolta In inglese black tea, chiamato in cinese hongcha 红茶 (tè rosso; in giapponese kōcha). Il termine inglese si riferisce al colore delle foglie e il suo uso storicamente precede il cinese hongcha, verosimilmente riferito al colore dell'infuso. L'equivalenza tra i due termini è attestata dai maggiori dizionari sul tè e dalle tabelle doganali cinesi. L'impiego in italiano del termine “tè rosso” per indicare questa tipologia è sconsigliato perché contrasta con la nomenclatura merceologica corrente e può generare confusione [è opportuno considerare anche la confusione dovuta all'impiego molto diffuso - per quanto improprio - del termine “tè rosso” per indicare il Rooibos (Aspalathus linearis)]. Il tè nero viene anche definito tè "completamente fermentato", in cinese quan fajiao cha 全发酵茶. Tè oolong Tè stabilizzato dopo essere stato sottoposto a una parziale ossidazione In inglese oolong tea, deriva da wulong cha 乌龙茶 (tè drago nero), termine usato in Cina assieme a qingcha 青茶 (tè “verdazzuro”, "blu") per indicare questa tipologia. I tè oolong possono essere estremamente diversi tra loro a seconda del grado di ossidazione e dell'eventuale torrefazione finale. L'uso del termine oolong è consolidato da molto tempo nel commercio internazionale. L'impiego della grafia wulong o di calchi del termine cinese qingcha non è errato ma può generare confusione. Il tè oolong viene anche definito tè "semifermentato", in cinese ban fajiao cha 半发酵茶. Tè bianco Tè fatto appassire all'aria dopo la raccolta In inglese white tea, dal cinese baicha 白茶 (tè bianco). Prodotti solo in alcune aree della Cina con cultivar particolari e, da alcuni anni, anche in altri paesi. Il nome è attribuibile al colore argenteo delle pubescenze sulle gemme di alcuni di questi tè. L'appartenenza a tale tipologia è determinata dal modo di lavorazione e non dal tipo di materia prima. Il tè bianco è leggermente (parzialmente) ossidato. Tè giallo Tè stabilizzato e lasciato riposare con il calore e l'umidità residue In inglese yellow tea, dal cinese huangcha 黄茶 (tè giallo). Si tratta di una variazione della lavorazione dei tè verdi con l'aggiunta una fase di "ingiallimento" (menhuang 闷黄). Nominalmente è un tè leggermente postfermentato, ma spesso presenta un grado di ossidazione molto basso. La produzione è limitata ad alcune aree della Cina. Tè postfermentato Tè stabilizzato e successivamente sottoposto a fermentazione In inglese post-fermented tea, dark (green) tea, Pu-erh tea. Nella classificazione cinese viene chiamato heicha 黑茶 (tè nero), in riferimento al colore cupo delle foglie e dell'infuso, Il terminee hou fajiao cha 后发酵茶 (tè postfermentato) si riferisce al processo di fermentazione-ossidazione indotta dal calore e dall'umidità dopo la fase di stabilizzazione, diversa dall'ossidazione enzimatica (comunemente chiamata "fermentazione") usata nella produzione dei tè neri, oolong e bianchi. La denominazione Pu-erh o Pu-er prende il nome da Pu'er 普洱, città al centro di una delle maggiori aree di produzione di questi tè. Seppure molto diffusa nella stessa Cina è impropria in quanto non tutti i tè di Pu'er sono classificabili come postfermentati. L'uso in italiano del termine “tè nero” (traduzione letterale del cinese heicha) è fortemente sconsigliato in quanto motivo di possibile confusione con la tipologia dei tè neri sopra descritta. Ugualmente risulta motivo di grande confusione e priva di fondamento la dicitura "tè rosso " adottata da alcuni importatori. Anche in Italia esiste una piantagione di tè, si trova vicino a Lucca, dove le condizioni sono ideali per la coltivazione della Camellia sinensis. Ne deriva un prodotto di nicchia e di altissima qualità. Un tempo all’Antica Chiusa Borrini - proprietà dell’omonima famiglia nel paese di Sant’Andrea di Compito, Lucca - crescevano vigneti e frutteti. Il viale che portava alla cappella all’interno della proprietà era però fiancheggiato da piante di camelie secolari, andate distrutte durante le guerre. Ma la storia della famiglia Borrini si è incrociata spesso nel tempo con quella delle camelie. Angelo Borrini, medico oculista a metà dell’800 del duca di Lucca, Carlo Ludovico di Borbone, le coltivava nel Compitese per motivi politici, essendo quel fiore all’occhiello un simbolo dei circoli liberali e carbonari di cui faceva segretamente parte. Negli anni ‘40 del ventesimo secolo, invece, si ha notizia di alcuni avventurosi Borrini impegnati a coltivare tè in India, nella regione di Assam, per conto degli inglesi. Dal 1990 poi, le camelie sono tornate assolute protagoniste in Lucchesia grazie a un visionario e appassionato agronomo discendente per parte di madre dei Borrini - Guido Cattolica - che ha dato vita all’unica piantagione attiva di tè in Italia nonché una delle tre in Europa, oltre a quella nelle Azzorre e alla piccola coltivazione sul Monte Verità nel Canton Ticino. Cattolica ha lavorato presso l’Orto Botanico di Lucca dal ’75 al ’90 e fu proprio lì che si imbatté in due esemplari di Camellia sinensis - la specie le cui foglie e germogli sono utilizzati per produrre il tè. Da non confondere con la japonica, ornamentale - provenienti dall’Inghilterra, capaci di resistere fino a temperature intorno ai 12 gradi sottozero e sopravvissute alla storica gelata del 1985. Dai semi di quelle piante, Cattolica nel 1987 creò il suo camelieto, complice un terreno acido, friabile, l’alta piovosità e la disponibilità di ombra che caratterizzano la zona e la rendono ideale per la pianta.
Oggi la piantagione è costituita da 2.500 esemplari, divisi in 5 giardini di tè per una produzione davvero di nicchia, fra i 15 e i 18 kg all’anno, quasi tutta venduta in loco. Le tipologie prodotte sono quattro: tè bianco, tè verde, tè oolong, tè nero, oltre a qualche sperimentazione nel corso degli anni negli shented, gli aromatizzati. Il periodo di raccolta delle foglie - manuale ed eseguita in pochissimi raccoglitori selezionati guidati da Cattolica - comincia a maggio alle nostre latitudini e procede in diversi flussi di lavoro fino a luglio. Dalla mandata primaverile si ottengono le prime gemme, destinate al pregiato tè bianco - l’unico a vantare una sorta di cru, essendoci alcune piante specifiche da cui lo si ricava - e al tè verde. Le raccolte successive sono destinate al tè che sarà oolong e nero.
La lavorazione è casalinga e prevede le classiche fasi di appassimento delle foglie, di stabilizzazione a calore secco (alla maniera cinese) e rollatura - ma non per il tè bianco, che deve risultare privo di ossidazione - con alcuni segreti di famiglia custoditi e non svelati, naturalmente. Il tè va quindi bevuto in purezza, per apprezzarne le sfumature peculiari, ponendo particolare attenzione alla qualità dell’acqua, che deve idealmente essere acida «proprio come quella di Sant’Andrea di Compito», chiosa orgoglioso Cattolica.Dal fiore alla tazza, le camelie da tè lucchesi - che hanno come compagne anche 100 diversi ibridi ornamentali creati da Guido - stanno lì anno dopo anno, coperte in estate per evitare il caldo eccessivo e scoperte in inverno, quando sono pienamente a loro agio con le basse temperature.
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