mercoledì 21 dicembre 2022

LA QUERCIA DA SUGHERO (L' ALBERO DEI TAPPI 🍾)

La quercia da sughero (Quercus suber L., 1753)  è un albero sempreverde della famiglia delle Fagaceae

Originaria dell'Europa sud-occidentale e dell'Africa nord-occidentale è da tempi remoti naturalizzata e spontanea in tutto il bacino occidentale del mar Mediterraneo, molto longeva e può diventare plurisecolare.

La sughera ha un portamento arboreo, con altezza che può raggiungere i 20 metri e chioma lassa ed espansa. La vita media è di 250-300 anni, diminuisce negli esemplari sfruttati per il sughero. La caratteristica più evidente di questa specie è il notevole sviluppo in spessore del ritidoma, che non si distacca mai dalla corteccia, formando un rivestimento suberoso detto in termine commerciale sughero.


La corteccia rappresenta una forma di risposta ad ambienti aridi con frequente passaggio del fuocoː il tessuto tegumentale, privo di spazi intercellulari, formato da cellule morte, la cui parete è ispessita e suberificata e il lume cellulare ripieno d'aria, isola e protegge i tessuti sottostanti dagli scambi termici e dagli scambi di sostanze chimiche liquide o gassose. La continuità del rivestimento suberoso è interrotto dalle lenticelle, strutture pluricellulari che permettono lo scambio di gas e liquidi con l'esterno.

Il sughero si presenta di colore grigio-rossastro nei rami di alcuni anni d'età, dapprima con screpolature grigio-chiare, poi sempre più larghe e irregolari a causa della trazione tangenziale provocata dall'accrescimento in diametro del fusto. Dopo diversi anni il sughero forma una copertura irregolare e spugnosa di colore grigio, detta comunemente sugherone o sughero maschio.

Dopo la rimozione del sughero maschio, il fellogeno produce ogni anno nuovi strati di tessuto suberoso che formano un rivestimento più compatto e più regolare, detto sughero femmina o gentile, con una fitta screpolatura prevalentemente longitudinale e meno profonda. L'anno in cui viene rimosso il sughero, il fusto ha un marcato colore rosso-mattone che nel tempo vira al rosso-bruno fino al bruno scuro quando il sughero femmina ha già raggiunto uno spessore significativo.

Le foglie sono verdi e coriacee, tomentose sulla pagina inferiore, generalmente piccole negli ambienti secchi, più grandi in quelli più freschi. Sono brevemente picciolate e hanno una lamina di forma variabile da ovata a oblunga. Il margine è generalmente dentato e spinoso, ma può presentarsi anche intero nella pianta adulta, più o meno revoluto. Possono confondersi facilmente con le foglie del leccio, da cui si distinguono per lo più per il minore numero di nervature. L'inserzione sui rami è alterna.

I fiori sono unisessuali portati separatamente sulla pianta. I fiori maschili sono riuniti in infiorescenze ad amento lassi, di colore giallo-verdastro, portati all'estremità dei rami dell'anno precedente. I fiori femminili sono generalmente riuniti in piccoli gruppi (2-5 fiori), eretti, di colore verdastro sui rami dell'anno. La fioritura è in maggio-giugno.

Il frutto è una ghianda ovale di colore verde quando è immatura, bruna a maturità, lunga fino a 3 cm con apice molto breve. La cupola è più conica rispetto a quella del leccio, ricopre la ghianda per una lunghezza variabile da un terzo a metà, con squame grigio-verdastre, patenti, a volte retroflesse. Esistono 2 sottospecie (sottospecie tipo e sottospecie occidentalis) del tutto simili morfologicamente tra loro tranne che per le squame della cupola della ghianda: libere e divergenti nella tipica, schiacciate nella occidentalis. Fra le due sottospecie esiste una differenza fisiologica sostanziale: la sottospecie occidentalis ha maturazione delle ghiande biennale e non annuale. Nella varietà botanica serotina, presente insieme alla sottospecie tipica in Toscana, Sardegna e Sicilia, la ghianda matura in due anni. La produzione dei frutti avviene in media dopo 15-20 anni dall'impianto.

L'asportazione del sughero è un'operazione periodica che si esegue a cicli decennali su piante che hanno almeno 15-20 anni d'età. Per la prima decorticazione si devono rispettare delle norme di polizia forestale, tali norme prevedono che ad una altezza\da terra di 130 cm la circonferenza della pianta sia di almeno 130 cm. Il sughero maschio ha poco valore commerciale a causa dell'eccessiva irregolarità e porosità, perciò è utilizzato per trasformazioni di secondaria importanza, prevalentemente macinato di sughero usato come materiale isolante nelle costruzioni. Dopo il primo taglio, la pianta produrrà sughero femmina, destinato principalmente alla produzione di tappi di bottiglia.

Il sughero femmina si asporta ogni 9-12 anni, quando il sughero raggiunge uno spessore di circa 5 cm. L'abbreviazione dei cicli di decorticazione, oltre a produrre sughero di minore qualità è deleteria perché compromette seriamente la longevità della pianta. In ogni modo l'asportazione del sughero si ripercuote in qualche misura sulla longevità, perciò una sughera sottoposta sistematicamente alla decorticazione non supera in genere i 100-150 anni di vita. Data l'elevata richiesta nel mercato e la progressiva riduzione delle superfici a sughereta la tendenza è all'abbreviazione dei cicli di decorticazione.

Il taglio del sughero si pratica manualmente con i metodi tradizionali, usando apposite accette. L'operazione si esegue da maggio a luglio e richiede perizia ed esperienza in quanto il taglio deve arrivare al fellogeno senza interessare gli strati più interni della corteccia (felloderma e libro). Tagli male eseguiti infatti compromettono la vitalità della sughera.

La quercia da sughero di Luogosanto è situata nella incantevole vallata di Crisciuleddu, lungo le sponde di un ruscello, ed è uno degli esemplari piú imponenti di questa specie, con un'altezza di 20 metri ed una circonferenza di 385 centimetri. L'albero è censito nell'Elenco nazionale degli alberi monumentali d'Italia.

L'area verde in cui è situata la quercia è direttamente accessibile da una stradina rurale asfaltata che collega la strada statale di Tempio-Palau SS133 e la provinciale Luogosanto-Aglientu. I bivi si trovano nella parte bassa della frazione di Crisciuleddu e di fronte alla strada di accesso alla frazione di Vaddidùlimu. In alternativa, chi volesse camminare può arrivarci con 1 km di passeggiata, sia da Vaddidùlimu che da Crisciuléddu.

Se nel bacino del Mediterraneo furono i Fenici a scoprire la versatilità della quercia da sughero, in Sardegna il suo impiego risale a più di 3.000 anni fa, visto che nei nuraghi sono state rinvenute urne con coperchio in sughero. Quando i Romani sbarcarono sull'isola, che consideravano alla stregua di un grande supermercato ove rifornirsi, approfittarono del sughero per farne sandali e galleggianti per le reti da pesca, ma anche per sigillare le anfore che trasportavano vino e olio sardi a Roma. Da allora, attraverso il Medioevo fino allo sfruttamento industriale, col sughero sono stati prodotti i componenti e gli oggetti più svariati, destinati all'uso quotidiano.


Oggi vengono prodotte ogni anno 300mila tonnellate di sughero, provenienti da Portogallo (51%), Spagna (32%), Italia (6%), seguiti da Marocco, Tunisia e Algeria (9%) e Francia (Corsica, 1%). Da noi il primato va alla Sardegna, con 120mila quintali (85% del totale nazionale) prodotti ogni anno, a dispetto degli “incidenti di percorso”, come il devastante incendio nel 1993 delle maestose sugherete galluresi (il 95% dei boschi sardi). Seguono poi Sicilia, Lazio e bassa Toscana (Maremma), che portano nel complesso la produzione nazionale a 150mila quintali, il 70% dei quali utilizzati nell’industria enologica per realizzare 1,5 miliardi di tappi.

L’“oro morbido”, come lo chiamano sull'isola, si ricava da piante che abbiano almeno 20-30 anni d'età attraverso la demaschiatura, ovvero la spoliazione della quercia da sughero per ricavarne la preziosa scorza, operazione che viene praticata da personale esperto che, con una speciale accetta, incide la scorza superficiale senza danneggiare i delicati tessuti sottostanti. Il procedimento si attua sulla stessa pianta – per legge – ogni 10 anni: di conseguenza, poiché la sughera è molto longeva, non è raro incontrare alberi di 500 anni che sono stati decorticati una cinquantina di volte. Se non intervenisse la mano umana a liberarlo, l’albero comunque lascerebbe cadere il proprio “cappotto” per poter crescere ancora più rigoglioso, produrre più ossigeno e assorbire più anidride carbonica.

La scorza, dello spessore di circa 7,5 cm, viene incisa in corrispondenza della prima biforcazione dei rami, aprendola fino al piede con un taglio longitudinale. Le piante “denudate” appaiono così di un impudico colore rosso sangue che contrasta con il grigio della scorza residua e il verde scuro del fogliame ma, se la mano è stata abile, non soffrono e anzi, nel giro di pochi mesi, avranno rigenerato lo strato di corteccia mancante.

La prima scorza che si rimuove nella vita dell’albero è irregolare e spugnosa, di colore grigio: viene detta comunemente sugherone o sughero maschio (donde il nome demaschiatura). Dopo la rimozione del sughero maschio, il tessuto sottostante produce ogni anno nuovi strati di tessuto suberoso più compatto e più regolare, detto sughero femmina o gentile, con una fitta screpolatura prevalentemente longitudinale e meno profonda.


Dal “letto di caduta” nel bosco, le scorze (che in questa fase si chiamano “plance”) subito dopo l'estrazione vengono trasferite nei cortili delle fabbriche dove resteranno per circa 6 mesi a stagionare. Infine, bollite e pressate (due procedimenti a basso dispendio energetico), perderanno la loro curvatura naturale e saranno pronte per venire lavorate secondo le diverse destinazioni d’utilizzo.

È un’arte antica, oggi a rischio: nel 2010 Wwf, Assoimballaggi e Federlegno hanno lanciato una campagna di salvataggio dei 2,2 milioni di ettari (225mila in Italia) di foreste da sughero che sono in pericolo nel Mediterraneo. Queste sugherete assorbono ogni anno 14 milioni di tonnellate di anidride carbonica, il gas responsabile dell’effetto serra: l’assorbimento è maggiore proprio negli esemplari decorticati; inoltre rappresentano un tratto caratteristico del paesaggio mediterraneo. Le foreste si sono conservate nei secoli proprio perché erano funzionali all’industria del vino, fornendo l’elemento considerato per secoli essenziale: il tappo di sughero, un materiale leggero ed elastico che garantisce la perfetta chiusura della bottiglia.

Le sughere prediligono terreni acidi, siliceo-argillosi, tollerando anche i suoli sabbiosi o sassosi, mentre aborrono la presenza di calcare attivo. Non per nulla il suolo della Sardegna è geologicamente costituito da rocce a reazione acida, che danno in superficie terreni poco profondi, tendenzialmente sabbioso-limosi, abbastanza ricchi di sostanza organica, ma poveri o addirittura privi di calcare totale e attivo (pH mediamente di 5-5,2). È una situazione che non favorisce il processo di mineralizzazione, il che significa che la quantità di sostanze nutrienti disponibili per le piante superiori è estremamente ridotta. Le querce da sughero ovviano al problema stringendo un'intima amicizia con una serie di funghi simbionti, che aumentano quasi all’infinito la rete radicale di ricerca nel terreno e di assorbimento dei minerali.


LA SUGHERA COLTIVATA COME BONSAI 

ESPOSIZIONE

In primavera, come per tutti i bonsai, è conveniente tenere la Sughera in pieno sole: un’adeguata illuminazione permette al bonsai di vegetare con vigore, producendo rami robusti e soprattutto foglie piccole e dal colore intenso.

In estate, anche se questa pianta ama il sole e il caldo, va ricordato che ciò non vale per le radici che, in natura, affondano nel fresco del terreno profondo; perciò se non si dispone di un ambiente ombreggiato bisogna almeno coprire i vasi in modo da proteggere l’apparato radicale.

In autunno, ci si può regolare come in primavera, esponendo il bonsai al sole così da permettergli di vivere in salute, producendo nuova vegetazione ed accumulando energia, necessaria per la stagione fredda.

In inverno, nelle regioni del centro-sud le Sughere possono essere tenute tranquillamente all’esterno, magari proteggendo il vaso dalle gelate, poiché come già detto, la radice è la parte più sensibile agli sbalzi di temperatura. Di contro, nelle regioni del nord è opportuno ripararle in serra fredda.



ANNAFFIATURA

L’annaffiatura si effettua come per gli altri bonsai: il terriccio va irrigato abbondantemente quando si presenta asciutto, ripetendo l’operazione due o tre volte a distanza di qualche minuto per fare in modo che il substrato assorba completamente l’acqua versata. Nella stagione calda, si può integrare l’irrigazione con le quotidiane nebulizzazioni sulla chioma, utili a creare un microclima più fresco attorno al bonsai. In alternativa alla nebulizzazione si può collocare un sottovaso con ghiaia umida sotto al vaso, ottenendo lo stesso risultato con meno fatica.



POTATURA

La Sughera, a causa del metabolismo più lento rispetto alle altre Querce, non reagisce prontamente alla potatura, producendo germogli dalla crescita particolarmente lenta. Se occorre effettuare una potatura drastica, è conveniente “mettere in coltivazione” il bonsai in un contenitore più grande, altrimenti i nuovi germogli cresceranno pochissimo e non diventeranno mai dei veri rami. Il periodo migliore per effettuare la potatura è l’inverno: in questa stagione, soprattutto se il bonsai viene rinvasato, è opportuno effettuare un’adeguata potatura che compensi l’accorciamento delle radici.

L'operazione si effettua con la tronchese concava, mentre, la scelta delle branche da accorciare o da eliminare dipende dallo stile del bonsai; in ogni caso vanno eliminati quei rami che sviluppano in senso verticale, e quelli che si incrociano. Dopo aver effettuato la potatura, ricordarsi di medicare i tagli con il mastice o la pasta cicatrizzante.



PINZATURA

Per ottenere una crescita più equilibrata, durante la stagione vegetativa (2 volte l’anno) si “pinzano” i nuovi germogli; l’operazione si effettua sui nuovi rametti con 6-7 internodi, accorciandoli al primo internodo con la forbice lunga. Questa tecnica, oltre ad infoltire la chioma, permette di ottenere rami più sottili e foglie più piccole.

Va ricordato che, la Sughera costantemente pinzata sarà più bella ma non produrrà le ghiande: se vogliamo permettere al bonsai di fruttificare, dobbiamo evitare questa tecnica e accorciare i rami solo dopo aver verificato la presenza di gemme fiorifere.

RINVASO

Nelle regioni a clima temperato, il periodo migliore per il rinvaso, è quello di riposo vegetativo (da dicembre a marzo); nelle regioni del nord-Italia, a causa delle temperature più fredde, conviene rinvasare la Sughera in marzo-aprile. L’apparato radicale deve essere ridotto di 1/3, conservando integro il pane di terra per i 2/3. Le radici più piccole vanno accorciate circa del 50%, mentre quelle più grosse possono essere eliminate completamente. Il substrato deve avere un buon drenaggio, perciò, è opportuno usare Akadama assoluta oppure mista a pomice, Lapillo, ecc.

Ricordarsi di rinvasare solo piante in buona salute e, se l’inverno è particolarmente rigido, proteggere dal gelo le Sughere appena rinvasate.

La forma del vaso da utilizzare, varia a seconda dello stile, in ogni caso, si preferisce un vaso profondo e di colore scuro.




CONCIMAZIONE

Le concimazioni devono essere costanti per tutto il periodo vegetativo (da fine marzo a giugno e da metà agosto a ottobre). Fare attenzione a non esagerare con le dosi e usare preferibilmente fertilizzanti a lenta cessione, tipo Biogold, Hanagokoro, ecc.




APPLICAZIONE FILO

Il filo di alluminio (utile per orientare i rami nella direzione voluta) si può avvolgere tutto l’anno, evitando il periodo di massima vegetazione (aprile-maggio). Lo spessore del filo deve essere adeguato alla grandezza e alla flessibilità del ramo perciò, conviene disporre di misure diverse.

Ricordarsi di avvolgere il filo con una angolazione di 45° (se le spire sono troppo ravvicinate, il filo non tiene) partire avvolgendo i rami più grossi e arrivando ai più sottili. Se il filo applicato non riesce a tenere il ramo in posizione si può applicare un’altro filo, l’importante è non farli incrociare.




DIFESA DAI PARASSITI

Le patologie più comuni alle quali può andare incontro la Sughera sono: l’ Oidio (mal bianco) il marciume radicale e i classici attacchi dovuti agli insetti provenienti dalle piante vicine (Acari, afidi e Cocciniglie).

Una difesa efficace è rappresentata da trattamenti preventivi, effettuati a cadenza quindicinale, con anticrittogamico e Insetticida. Infine, un paio di trattamenti l’anno effettuati con il TRV, proteggono il bonsai dall’ insidioso marciume radicale
















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